Vi proponiamo l'articolo di Andrea Montuschi, Presidente di Great Place to Work Italia® su Il Corriere della Sera.
La maggior parte delle ricerche sul clima organizzativo in azienda non è composta solo da domande quantitative (ossia con scala di risposta chiusa), ma include anche alcune domande aperte, di solito poste a fine questionario, che consentono ai rispondenti di precisare alcuni punti o di aggiungere temi non coperti dalle domande chiuse.
Great Place to Work® non fa eccezione e al termine del questionario si trovano infatti le seguenti due domande:
1) C’è qualcosa di unico o speciale in questa azienda, che ne fa un eccellente ambiente di lavoro?
2) Se potesse cambiare una cosa di questa azienda, per renderla un ambiente di lavoro migliore, cosa cambierebbe?
Queste domande sono facoltative e normalmente poco più di metà dei rispondenti sceglie di esprimere un commento a fine questionario.
Entusiasti e critici
La domanda che dobbiamo porci è quindi: chi sono gli autori di questi commenti?
Generalizzando, possiamo dividerli in due macro-categorie polarizzate: gli entusiasti e i critici. I primi sono i sostenitori dell’azienda, felici di esprimere la propria soddisfazione professionale aggiungendo dettagli a fine survey , mentre i secondi vedono nella domanda finale un modo per precisare meglio le proprie critiche, o semplicemente per «rincarare la dose». I rispondenti che non esprimono opinioni particolarmente positive o negative nella parte quantitativa sono invece quelli che con più probabilità saltano le domande aperte. La lettura dei commenti scritti è quindi un ottimo modo per comprendere meglio i dati.
La nostra mission è quella di migliorare gli ambienti di lavoro attraverso azioni di analisi e miglioramento del clima aziendale
Flessibilità
Quest’anno abbiamo provato ad analizzare i circa ottomila commenti registrati dalle 50 «Best Italian companies», utilizzando un software con intelligenza artificiale, capace di digerire migliaia di testi e di restituire risultati in cluster tematici.
Il risultato per la domanda 1 (quella che chiede gli aspetti positivi) è molto chiaro: ben una risposta su sette tratta il tema della flessibilità, declinata in vari modi (smartworking, orari di lavoro, disponibilità dell’azienda ad andare incontro alle esigenze familiari). Per intenderci: ciò significa che chi lavora in una delle 50 migliori aziende italiane sottolinea come la flessibilità sia l’aspetto principale che rende il proprio posto di lavoro un «best workplace». I profili demografici che più marcatamente scelgono di parlare di flessibilità sono le donne e i giovani sotto i 34 anni.
In cima ai pensieri
Passando ad analizzare la seconda domanda, sugli aspetti migliorabili, troviamo un risultato molto interessante: il tema più trattato da circa un rispondente su 7, soprattutto donne e persone fra 35 e 44 anni, è la flessibilità.
Avete letto bene: fra i rispondenti delle 50 migliori aziende italiane, la percentuale di persone che ritiene che la flessibilità lavorativa sia l’aspetto più positivo della propria azienda è uguale alla percentuale di rispondenti che pensa che la propria azienda debba migliorare su questo aspetto. Questo risultato non è contradditorio: significa semplicemente che la flessibilità è talmente importante per i lavoratori, da essere sempre top of mind, in cima ai pensieri, nel bene (quando l’azienda la garantisce) come nel male (quando, anche in un conteso generalmente positivo, non è ritenuta sufficiente). Sembra quindi che uno dei segreti per entrare nel novero delle migliori aziende del Paese sia quello di garantire ai collaboratori la possibilità di lavorare in modo smart e di gestire con semplicità gli obblighi extra-lavorativi.
Andrea Montuschi è Presidente di Great Place to Work® Italia